MODENA CITY RAMBLERS

 

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In un giorno di pioggia 

Is è mo laoch, me ghile mear
Is è mo shaesar ghile mear
Nì fhuaras féin aon tsuan ar sèan
O chuaigh ì gcéin mo ghile mear
Lui è il mio eroe, è mio amore
Lui è il mio cesare, il mio amore
Non ho trovato felicità o riposo
da quando il mio amore è partito


Addio, addio è un bicchiere levato al cielo d’Irlanda e alle nuvole gonfie.
Un nodo alla gole ed un ultimo sguardo alla vecchia Anna Liffey e alle strade del porto
Un sorso di birra per le verdi brughiere e un altro ai mocciosi coperti di fango,
e un brindisi anche agli gnomi e alle fate, ai folletti che corrono sulle tue strada

Hai i fianchi robusti di una vecchia signora e i modi un po’ rudi della gente di mare,
ti trascini tra fango, sudore e risate e la puzza di alcool nelle notti d’estate.
Un vecchio compagno ti segue paziente il mare si sdraia fedele ai tuoi piedi,
ti culla leggero nelle sere d’inverno, ti porta alle voci degli amanti di ieri.

È in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,
e il vento dell’ovest rideva gentile
e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti
mi hai preso per mano portandomi via.

Hai occhi di ghiaccio ed un cuore di terra, hai il passo pesante dì un vecchie ubriacone,
ti chiudi a sognare nelle notti d’inverno e ti copri di rosso e fiorisci d’estate.
I tuoi esuli parlano lingue straniere, si addormentano soli sognando i tuoi cieli,
si ritrovano persi in paesi lontani a cantare una terra di profughi e santi.

È in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,
e il vento dell’ovest rideva gentile
e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti
mi hai preso per mano portandomi via

E in un giorno di pioggia ti rivedrà ancora
e potrà consolare tuoi occhi bagnati
In un giorno di pioggia saremo vicini,
balleremo leggeri sull’aria di un reel.

Una dichiarazione d’amore per l’Irlanda, nostra "patria dell’anima". È anche un canto d’emigrazione: da buoni Irlandesi (benché adottivi) anche noi abbiamo sentito il bisogno, con questo lavoro, di lasciare l’isola di smeraldo per riportare tutto a casa. Vengono con noi la musica, la luminosità del cielo (utile per perforare le micidiali nebbie padane) e la guinness.
Introduzione vocale di: Ann Dwyer che canta "Mo ghile mear"

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Tant par tachèr (Tanto per cominciare) 

A g’am voia ed sunèr, a g’am voia de cantèr
par tota la ginta cl’è gnuda a catères incò.
A pinsèven ed fer un ringraziament,
A vivlen fer quèl ed particulèr
A g’am voia ed sunèr, a g’am voia de cantèr
par tota la ginta cl’è gnuda a catères incò.

Par i amig ed Sasòl, ed Cherp e Milan
par qui ed Bulàgna e i napoletan
S’a gh’è di ner s’a gh’è di bianc
Ades a tacàm mo par tot quant.
Par i amig ed Sasòl, ed Cherp e Milan
par qui ed Bulàgna e i napoletan

Forza coi pe, dai con al man
forza ragaz c’ades a tacàm
Forza coi pe, so con al man,
andam ragazoli c’ades sunàm

Sa gh’i voia ed baler, ciocher al man,
Sa gh’i voia ed salter in zèma la scrana.
Forza coi pe, so con al man,
Andam ragazoli c’ades a sunàm.

E c’a sunàm bein o c’a se sbagliam
A sper che po’ i s’diverten tot quant.
Turnèr a la sir bé surideint
E par tota la stmana èser cuntèin.
E c’a sunàm bein o c’a se sbagliam
A sper che po’ i s’diverten tot quant.
Vogliamo suonare vogliamo cantare
per tutta la gente venuta a trovarci oggi.
Pensavamo di fare un ringraziamento
volevamo fare qualcosa di particolare.
Vogliamo suonare vogliamo cantare
per tutta la gente venuta a trovarci oggi.

Per gli amici di Sassuolo, Carpi e Milano,
Per quelli di Bologna ed i napoletani.
Se ci sono dei neri, se ci sono dei bianchi,
Adesso attacchiamo ma per tutti quanti.
Per gli amici di Sassuolo, Carpi e Milano,
Per quelli di Bologna ed i napoletani.

Forza coi piedi, dai con le mai,
forza ragazzi che adesso attacchiamo
Forza coi piedi, su con le mani,
Forza ragazze che adesso suoniamo

Se avete voglia dl ballare, battere le mani,
se avete voglia dl saltare sulla sedia,
Forza cal piedi, dal con le mani,
Forza ragazzi che adesso cominciamo.

Che suoniamo bene a che sbagliamo
spero che poi si divertano tutti quanti.
Tornare alla sera belli sorridenti
e tutta la settimana essere contenti.
Che suoniamo bene a che sbagliamo
spero che poi si divertano tutti quanti.


The atholl highlanders
Un canto gaelico di benvenuto e di invito a ballare, con cui di solito apriamo i nostri concerti. Della versione originale di questo brano, intitolato "Sì Do Mhamò ì", abbiamo cercato di conservare lo stile di canto, molto ritmico, quasi rappato, per questo abbiamo usato il dialetto modenese, più ritmico dell’italiano. Il pezzo conclude con un jig scozzese che si chiama "the atholl higlanders"in cui Luciano suona la Scottish Pipe.
Al Bodhràn: Vania Buzzini

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Quarant’anni (l’Italia dei cattivi) 

Ho quarant’anni e qualche acciacco, troppe guerre sulle spalle,
troppo schifo per poter dimenticare.
Ho vissuto il terrorismo, stragi rosse e stragi nere,
aeroplani esplosi in volo e bombe sopra i treni.

Ho visto gladiatori sorridere in diretta,
i pestaggi dei nazisti della nuova destra.
Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazze
E anarchici distratti cadere giù dalle finestre.

Ho un armadio pieno d’oro, di tangenti e di mazzette,
di armi e munizioni, di scheletri e di schifezze.
Ho una casa piena d’odio, di correnti e di fazioni,
di politici corrotti, i miei amici son
pancioni e puttanieri, faccendieri e tragattini,
sono gobbi e son mafiosi, massoni piduisti e celerini.

Ho quarant’anni spesi male fra tangenti e corruzioni,
ho comprato giornalisti, faccendieri e giornalisti,
ho venduto il mio di dietro ad un amico americano
e adesso cerco un anima anche di seconda mano.

Rit.

Ho quarant’anni ed un passato non troppo edificante,
ho massacrato Borsellino e tutti gli altri,
ho protetto trafficanti e figli di puttana
e ho comprato voti a colpi di lupara.

Ma ho scoperto l’altro giorno, guardandomi allo specchio,
di essere ridotta ad uno straccio,
questo male irreversibile mi ha tutta divorata
è un male da garofano e da scudo crociato.

Rit.

A forza di suonare rebel songs, siano irlandesi, della resistenza o degli anni ‘70 in Italia, si finisce per guardare al regime che ci si ritrova con una certa insofferenza. Quello italiano degli ultimi quarant’anni, poi è particolarmente arrogante, stupido e crudele.
Dedicato ad una prima Repubblica che cade a pezzi, sperando in una seconda un po’ migliore.

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Delinqueint ed M’dna (i delinquenti di Modena) 

Arivàm tèrd la sira,con du tambur e gnanc un sold
coi strumeint in dal bavòl,
a g’am al bas e la chitara e po’ al viulèin.
A g’am de màchini ch’i an fat tòti la guèra,
a gh’è quàla ed Lucio
c’la g’ha un cartoun a tàc a la purtèra

Eh-oh a sam la banda
a sam gnu chè par sunèr
an’s ciapa gnanc un sold
ma a gh’è da fer dal gran casein.

A sam la banda i sunadòr
con du tambur e gnanc un sold
a sam gnu par fer baraca tòta sira.

A gh’è i delinqueint ed Mòdna.
A sam visti cum de puvrèt,
a g’am dal ghègni ch’i fan spaveint
a gh’è un bancàri, a gh’è un dutòr e di sfighé

Ma eh-oh quand a’s partès
A’g vin d’la mòsa, a’g vin dal fes
E un, du, tri, quater la gint i d’vinten mat.

A’s va in gir par la muntagna
E par la basa ad oc sbarè
al prèm c’a’l s’indurmeinta
al ciapa un sciaf a tac i dèint. 
Arriviamo tardi la sera, con due tamburi e neanche un soldo
con gli strumenti nel baule,
abbiamo il basso, la chitarra e poi il violino.
Abbiamo delle macchine che han fatto tutte le guerre,
c’è quella di Luciano
che ha un cartone attaccato alla portiera.

Eh-oh siamo la banda,
siamo venuti qui per suonare
non si prende neanche un soldo
Ma c’è da fare del gran casino.

Siamo la banda, i suonatori,
con due tamburi e neanche un soldo
siamo venuti per far baracca tutta sera.

Ci sono i delinquenti di Modena.
Siamo vestiti come dei poveretti,
abbiamo delle facce che fanno spavento
c’è un bancario, c’è un dottore e degli sfigati.

Ma eh-oh quando si parte
ci viene della mossa, ci viene del casino
e uno, due, tre, quattro la gente diventa matta.

Si va in giro per la montagna
e per la bassa ad occhi sbarrati,
il primo che si addormenta
prende uno schiaffo sui denti.


Questo è il brano con cui presentiamo noi stessi, e infatti parla di un gruppo che va in giro per i paesini del modenese a fare musica. Luci della ribalta sono lontane: i particolari folcloristici del testo sono tutti rigorosamente veri, dall’esiguità delle retribuzioni alla toppa di cartone sulla portiera della Ford d’anteguerra di Lucio.
Alle percussioni: Kaba Cavazzuti

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Morte di un poeta 

Se dovessi cadere nel profondo dell’inferno, dentro un fiume nero come l’inchiostro.
Rotolare perduto tra i sacchi di immondizia, in un baratro senza ritorno.
Se dovessi sparire nei meandri della terra e non vedere più la luce del giorno,
è sempre e soltanto la stessa vecchia storia e nessuno lo capirà.

Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
Nelle vie di New York il poeta è da solo e nessuno lo salverà.

Nel distretto diciannove la vita corre svelta tra i palazzi e i boulevard di Parigi.
Gli immigrati che ballano ritmi tzigani e si scolano le nere e le verdi.
Lo sdentato inseguiva le ragazze straniere coi capelli ed i vestiti leggeri
Ma è sempre e soltanto la stessa vecchia storia e nessuno lo capirà.

Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
Nelle vie di Parigi il poeta è da solo e nessuno lo salverà.

Vecchia sporca Dublino, per un figlio che ritorna sei una madre che attende al tramonto,
con la puzza di alcool, coi baci e le canzoni per chi è stato un prigioniero lontano.
C’è una bomba ed una pistola, un inglese da accoppare e una divisa dell’esercito in verde
Ma è sempre soltanto la steassa vecchia storia e nessuno lo capirà.

Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
Nelle vie di Dublino il poeta è da solo e nessuno lo salverà.

Nel 1992, a Parigi, Helno, il cantante delle Negresses vertes, si fece l’ultima dose della sua vita. Questa canzone è stata scritta per lui, per Shane McGowan, per lo scrittore dublinese Brendan Behan e per tutti i poeti che muoiono in solitudine.
Introduzione di violino: Chris Dennis
Alla batteria: Alessandro Marani
Al mandolino: Andrea Laudicina

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I funerali di Berlinguer 

Un popolo intero trattiene il respiro e fissa la bara,
sotto al palco e alla fotografia.
La città sembra un mare di rosse bandiere
E di fiori e di lacrime e di addii.

Eravamo all’Osteriola, una sera come tante,
a parlare come sempre di politica e di sport,
è arrivato Ghigo Forni, sbianchè come un linsol
an s’capiva ‘na paròla du bestèmi e tri sfundoun;
è arrivato Ghigo Forni, bianco come un lenzuolo
non si capiva una parola due bestemmie e tre strafalcioni

"Han detto per la radio c’è stata una disgrazia,
a Padova è stato male il segretario del PCI"
Luciano va al telefono parla in fretta e mette giù
"Ragazzi sta morendo il compagno Berlinguer".

Pipèin l’è andè in cantèina
a tor dès butiglion,
a i’am fat fora in tri quert d’ora,
l’era al vein ed l’ocasioun
a m’arcord brisa s’le sucès
d’un trat as’sam catèe
in sèma al treno c’as purteva
ai funerèl di Berlinguer.

Pipèin è andato in cantina
a prendere dieci bottiglioni
li abbiamo fatti fuori in tre quarti d’ora,
era il vino delle occasioni
non ricordo cosa è successo
d’un tratto ci siamo trovati
sul treno che ci portava
ai funerali di Berlinguer.


A Modena in stazione c’era il treno del partito
Ci ha raccolto tutti quanti le bandiere e gli striscioni
A Bologna han cominciato a tirare fuori il vino
E a leggere a vicenda i titoli dell’unità.

C’era Gianni lo spazzino con le carte da ramino
Ripuliva tutti quanti da Bulàgna a Sàs Marcòun,
ma a Firenze a selta fòra Vitori "al profesòr",
do partiti quattro a zero dopo Gianni l’è stè bòun.
I vecc i an tachée
a recurdèr i teimp andèe
i dè d’la resisteinza
a’s so brisa s’le cuntèe
ma a la fine a s’am catèe
in sèma al treno c’as purteva
ai funerèl ed Berlinguer

ma a Firenze salta fuori Vitorio "il professore",
due partite quattro a zero e dopo Gianni è stato buono
I vecchi han cominciato
a ricordare i tempi andati
i giorni della resistenza
non se sia contato
ma alla fine ci siamo trovati
sul treno che ci portava
ai funerali di Berlinguer.


Gli amici e i compagni lo piangono, i nemici gli rendono onore,
Pertini siede impietrito e qualcosa è morto anche in lui.
Pajetta ricorda con rabbia e parla con voce di tuono
ma non può riportarlo tra noi.

Roma Termini scendiamo, srotoliamo le bandiere,
ci fermiamo in piazza Esedra per il solito caffè
parte Gianni il segretario e nuèter tòt andrèe
per andare a salutare il compagno Berlinguer.
Con i fazzoletti rossi ma con le facce tutte scure,
Non c’era tanta voglia di parlare tra di noi,
po’ n’idiota da ‘na cà la tachè a sghignazèr,
a g’lom caveda a tgnir ferem Gigi se nò a’l finiva mel.

A sam seimper stè de drè
E quand sam rivèe
La piaza l’era pina
"Ma quant comunèsta a ghè"
a’n glom caveda a vèder un caz
ma anc nueter as’ sam catèe
in sèma al treno c’as purteva
ai funerèl ed Berlinguer
parte Gianni il segretario e noi altri tutti dietro



poi un idiota da una casa ha cominciato a sghignazzare
siamo riusciti a tenere fermo Gigi se no finiva male.

Siamo sempre stati dietro
e quando siamo arrivati
la piazza era piena
"ma quanti comunisti ci sono"
non siamo riusciti a vedere un cazzo
ma anche noi ci siamo trovati
sul treno che ci portava
ai funerali di Berlinguer.


Pipèin l’è andè in cantèina
a tor dès butiglion,
a i’am fat fora in tri quert d’ora,
l’era al vein ed l’ocasioun
a m’arcord brisa s’le sucès
d’un trat as’sam catèe
in sèma al treno c’as purteva
ai funerèl di Berlinguer.

Pipèin è andato in cantina
a prendere dieci bottiglioni
li abbiamo fatti fuori in tre quarti d’ora,
era il vino delle occasioni
non ricordo cosa è successo
d’un tratto ci siamo trovati
sul treno che ci portava
ai funerali di Berlinguer.



La morte di Enrico Berlinguer, colpito da un ictus durante un comizio a Padova nel 1984, non fu un evento che apparteneva solo al mondo della politica: entrò nelle vite di milioni di italiani, e fu discusaa nelle osterie, nelle scuole, nelle fabbriche come una cosa importante che ci riguardava. Questa canzone racconta la storia del suo funeralevista da un gruppo di militanti di Carpi che volle parteciparvi.
Alla batteria: Alessandro Marani
Al mondolino: Andrea Laudicina

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Il bicchiere dell’addio 

Ho un vecchio amico che sta per partire e stonotte ritorna via.
È il momento dei baci, dei saluti e degli abbracci e gli auguri di buona fortuna
Niente lacrime prego, che c’è altro da fare e stasera non piange nessuno
Io mi ungo la gola e preparo il bicchiere in onore del vecchio Bob.
C’è una festa ragazzi e qui si va giù pesi
È la festa più grande che ci sia
C’è chi beve e chi zompa, c’è chi canta e chi si tronca,
c’è chi è allegro e chi si butta via
e le ragazze in gran tiro ubriache come matte,
con i guanti e col vestito rosso,
le zitelle e le spose, le chiattone e le sciantose
fanno a gara a ballare con il mostro.
C’è un amico che parte e questa è l’occasione
Prenderemo la ciucca ma cantando una canzone
Fare thee well, fare the well
Fare the well boys ‘cos I’m going away
Fare the well to the Ramblers
Who’ve been drinking with me
And the girls who’ve been looking after me.
Arrivederci, arrivederci
arrivederci ragazzi perché me ne devo andare
arrivederci ai Ramblers
che hanno bevuto con me
e alle ragazze che mi hanno fatto compagnia.


Fare thee well, fare the well
Un bicchiere solo e ce ne andremo via
Salutiamo gli amici, i musicisti e le ragazze
Sollevando il bicchiere dell’addio.

I came on Alitalia in the middle of the night
I got stocious drinking free booze on the plane
I was drunk in immigration
When they tried to search my bags
For the drugs already swallowed on the way
I was drunk again in Florence,
I was flutered, plastrered, legless when in Rome
And I can’t remember Italy
the Ramblers or the girls
And I can’t remember how I’m getting home
But my nose has gotten redder
So I must have seen the sun
And my dick is fucking sore,
So I must have had some fun
Sono venuto con l’Alitalia a notte fonda
mi sono sbronzarto a bere a scrocco sull’aereo
ero ubriaco alla dogana
quando mi hanno perquisito la valigia
per la droga che mi ero già fatto durante il viaggio.
Ero di nuovo ubriaco a Firenze,
Reggio Emilia I was pissed
ero fuori a Reggio Emilia
ero ciucco, cotto, sfatto anche a Roma
e non ricordo l’Italia,
i Ramblers e le ragazze
e neanche come sono tornato a casa
Ma ho il naso un po’ più rosso
quindi deve esserci stato il sole
e il mio cazzo è un po’ sciupato
quindi devo essermi divertito


Rit.

È il momento dei balli e la caccia si fa dura
All’Ermella, alla Maura e all’Antonietta.
C’è chi punta la Claudia, chi tocca la Simo
Chi importuna la Milla e la Cosetta.
Mister Geldof è steso e sta cantando dietro al bar
Si esibisce con in mano un cavatappi
Na na na na na na…
I don’t mind it all 
a m’in ceva un caz.

C’è un amico che parte e questa è l’occasione
e vogliamo salutarlo cantando una canzone.

Fare thee well, fare the well
Fare the well boys ‘cos I’m going away
Fare the well to the Ramblers
Who’ve been drinking with me
And the girls who’ve been looking after me.
Arrivederci, arrivederci
arrivederci ragazzi perché me ne devo andare
arrivederci ai Ramblers
che hanno bevuto con me
e alle ragazze che mi hanno fatto compagnia.


Fare thee well, fare the well
Un bicchiere solo e ce ne andremo via
Salutiamo gli amici, i musicisti e le ragazze
Sollevando il bicchiere dell’addio.

Salutiamo gli amici, il vecchio Bob e le ragazze
Sollevando il bicchiere dell’addio.

A metà luglio 1994, con pochissimo preavviso, ci è piombato in casa Mr. Bob Geldof in persona, con l’idea di "fare qualcosa insieme". Noi avevamo scritto un po’ di roba, lui aveva parecchie idee, e altre ce ne sono venute strada facendo. Abbiamo passato una giornata in studio, con trentacinque gradi all’ombra e un paio di casse di birra gelata, interrompendoci solo per guardare Italia-Bulgaria. Ne siamo usciti a notte fatta, ubriachi di birra, di Lambrusco e di stanchezza, con questo pezzo, che racconta come sia possibile divertirsi e suonare insieme, nonostante le differenze che separano le rockstars irlandesi dai modenesi squinternati.
Alla voce: Bob Geldof
Alla batteria: Roberto Zeno

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Canto di Natale 

Signora dei vicoli scuri dal vecchio cappotto sciupato,
asciugati gli occhi e sorridi c’è un altro Natale alle porte.
Non senti le grida e le voci e qualcosa di strano nell’aria,
anche i muri ingrigiti dei vicoli splendono sotto la luna.
Ti ricordi, ci incontrammo in giorno di neve e di freddo
e la sera ci facemmo un bicchiere di scura ed un giro di valzer
con tanti saluti ad un altro Natale.

Signora dei vicoli scuri abbracciami forte stasera,
anche i gatti festeggiano a volte e cantano sotto le stelle.
Dimentica il freddo e le lacrime, le scarpe sporche di fango,
il destino di un vecchio ubriacone cullato dal canto del vento.
Ti ricordi, ci incontrammo in un giorno di neve e di freddo
e stasera ci faremo un bicchiere di scura ed un giro di valzer
con tanti saluti ad un altro Natale.

Signora dai vicoli non mollare la lotta,
verranno momenti migliori il tempo è una ruota che gira.
Vedremo le rive del mare in un giorno assolato d’estate,
scoleremo cinquanta bottiglie al riparo di un cielo lontano.
Ti ricordi, ci incontrammo in un giorno di neve e di freddo
e stasera ci faremo un bicchiere di scura ed un giro di valzer
un saluto ed un cordiale fanculo ad un altro Natale.

Nonostante le tradizioni e le pubblicità dei panettoni consiglino di fare festa, c’è un sacco di gente che, anche a Natale, non ha proprio niente da festeggiare. C’è gente che soffre e che crepa. E c’è gente che vive per strada, guarda passare le signore eleganti intente allo shopping e aspetta le briciole. In questa canzone il Natale è visto sotto gli occhi di una coppia di barboni malconcia ma ancora ottimista.
Alla viola: Filippo Chieli

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Ahmed l’ambulante (libero adattamento dalla poesia si S. Benni "Ahmed l’ambulante" gentilmente concessa dall’autore e dall’editore Feltrinelli) 

Quaranta notti al gelo sotto un portico deserto
Ho venduto orologi alle stelle
Ashiwa dea della notte vieni a coprirmi d’oro
Ho braccialetti finti ed un anello per ogni mano
Ma nessuna moglie.

La quarantunesima notte vennero a cercarmi
Pestarono gli orologi come conchiglie
Ashiwa dea della notte fammi tornare a casa
Avrò una valigia piena di dolci e di cravatte
E rivedrò il mio villaggio.

Così per divertirsi o forse perché risposi male
Mi spaccarono la testa con un bastone
Ashiwa dea della notte lei venne a liberarmi
Le mie tempie lei baciò ed io guarii
Ma loro no, non la videro.

Quaranta notti al gelo sotto un portico deserto
Ho venduto orologi alle stelle
Ashiwa dea della notte vieni a coprirmi d’oro
Ho braccialetti finti ed un anello per ogni mano
Ma nessuna moglie.

Non sono morto al freddo delle vostre città
Ma su una grande pila d’ebano
E la mia gente ha cantato e ballato per quaranta notti.

Nel settembre del ‘92, aggirandoci per lo stand Rinascita della festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia, ci è capitato di leggerci ad alta voce questa poesia di Stefano Benni. Accogliendo l’invito del retrocopertina del libro ("Ballate", Feltrinelli 1991), abbiamo deciso di metterla in musica; ne è nata questa canzone dal suono per noi insolitamente mediterraneo. Abbiamo fatto sentire il pezzo al Poeta in persona, ricevendone la benedizione. Ancora grazie Stefano.
Introduzione vocale del: Coro Saharawi
Alle percussioni: Kaba cavazzuti
Coro finale: Coro partigiano

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Contessa 

Che roba contessa all’industria di Aldo, han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti
Volevano avere i salari aumentati, dicevano pensi, di essere sfruttati.
E quando è arrivata la polizia quei quattro straccioni han gridato più forte,
di sangue han sporcato i cortili e le porte, chissa quanto tempo ci vorrà per pulire.

Compagni dai campi e dalle officine
Prendete la falce e portate il martello
Scendete giù in piazza e picchiate con quello
Scendete giù in piazza e affossate il sistema.

Voi gente per bene che pace cercate,
la pace per far quello che voi volete,
ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,
vogliamo vedervi finire sottoterra.
Ma se questo è il prezzo l’abbiamo pagato,
nessuno più al mondo deve essere sfruttato.

Sapesse contessa che cosa mi ha detto un caro parente dell’occupazione,
che quella gentaglia rinchiusa là dentro di libero amore facea professione.
Del resto mia cara, di che si stupisce, anche l’operaio vuole il figlio dottore
E pensi che ambiante ne può venir fuori, non c’è più morale contessa.

Se il vento fischiava ora fischia più forte,
le idee di rivolta non sono mai morte,
se c’è chi lo afferma non state a sentire
è uno che vuole soltanto tradire.
Se c’è chi lo afferma sputategli addosso,
la bandiera rossa ha gettato in un fosso.

Il movimento di contestazione degli anni ‘70, così come prima la resistenza, ebbe le sue canzoni. Tra le più cantate alle manifestazioni e nelle università occupate c’era "Contessa" di Paolo Pietrangeli, che descrive uno sciopero represso nel sangue attraverso la conversazione di due aristocratici. Il movimento ha poi perduto la sua battaglia, ma le cose che erano giuste allora (e tra queste le rivendicazioni di "Contessa") lo sono rimaste. "Contessa" è dedicata alla memoria di Luighi Ghirri, che iniziò tutto questo in una sera di primavera del 1989.
Alla viola: Filippo Chieli

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Bella ciao 

Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao
Una mattina mi son svegliato
E ho trovato l’invasor.

O partigiano portami via
O bella ciao, bella ciao, bella ciao
O partigiano portami via
Che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir.

Seppellire lassù in montagna
O bella ciao, bella ciao, bella ciao
Seppellire lassù in montagna
Sotto l’ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
O bella ciao, bella ciao, bella ciao
E le genti che passeranno
Mi diranno che bel fior.

Questo è il fiore del partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao
Questo è il fiore del partigiano
Morto per la libertà.

Prima canto delle mondine, "Bella ciao" è stata riscritta dai partigiani, che la cantavano attorno al fuoco per riscaldarsi corpi e cuori nel gelido inverno, ancora nazifascista, del 1944-45. Abbiamo pensato di tenerla pronta: cinquant’anni e un paio di repubbliche dop c’è ancora bisogno di scaldarsi.
Alla batteria: Alessandro Marani
Coro: Coro Partigiano
Finale: Coro Saharawi

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The great song of indifference (la pi’ grosa canzoun ed l’indiferèinza) 

A m’in ceva ste vo andèr.
A m’in ceva ste’t vo fermèr.
A m’in ceva ste dis no,
a m’in ceva gnanc un poc.
A m’in ceva ste va a murir,
eterntant ste ve a durmir.
A m’in ceva ste t’amaz,
a m’in ceva un caz.
A m’in ceva d’un panein,
gnanca d’un bicèr ed vein.
Indo vaghia, indo a soun ste,
a m’in ceva ed te.
A m’in ceva di padroun,
dal lavor e ‘dla disocupaziuon
E anca ‘d me c’a soun a spas,
a m’in ceva un caz.
A m’in ceva ste fe al masler,
al Marangoun, al giurnaler
Ste impieghè o ste un garzoun,
a m’in ceva sti maraun.
A m’in ceva di animèl,
tant nuèter a sam uguel
Se te’t di c’a sam tot mat,
a m’in ceva un caz.
A m’in ceva s’a vin la neva,
e dal Pepa c’sa vot c’m’in ceva
E ‘dla peppa e di ragastàs,
a m’in ceva un caz.
A m’in ceva di guvernant,
a m’in ceva dai cantant
E d’Agnelli e’d Berluscoun,
a m’in ceva sti maraun
A m’in ceva ste un mort ed fam,
ste un puvrèt, un sgnour o un can.
A m’in ceva d’un bròt sciàf,
a m’in ceva un caz. 
Non mi frega se vuoi andare.
Non mi frega se vuoi restare.
Non mi frega se dici no,
non mi frega neanche un poco.
Non mi frega se vai a morire,
altrettanto se vai a dormire
Non mi frega se ti ammazzi,
non mi frega un cazzo.
Non mi frega di un panino,
neanche di un bicchiere di vino.
Dove vado dove sono stato,
non mi frega di te.
Non mi frega dei padroni,
del lavoro e della disoccupazione
E anche di me che sono a spasso,
non mi frega un cazzo.
Non mi frega se fai il macellaio,
il falegname, il giornalaio
Se sei impiegato o sei garzone,
non mi frega sti maroni.
Non mi frega degli animali,
tanto noi siamo uguali.
Se dici che siamo tutti matti,
non mi frega un caz.
Non mi frega se nevica,
e del Papa cosa vuoi che mi freghi
E delle donne e delle ragazzi,
non mi frega un cazzo.
Non mi frega dei governanti,
non mi frega dei cantanti
e di Agnelli e Berlusconi,
non mi frega ‘sti maroni.
Non mi frega se se un morto di fame,
un poveretto o un cane
Non mi frega di uno schiaffone,
non mi frega un cazzo.


Volevamo inserire in questo disco un pezzo che riportasse il più possibile l’atmosfera delle sessions nei Pub irlandesi. Alla fine delle registrazioni abbiamo fatto una festa in studio con un po’ di amici. Questo è quello che ne è venuto fuori.
Al violino: Chris Dennis
Alla viola: Filippo Chieli

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Ninnananna 

Camminavo vicino le rive del fiume
nella brezza fresca
degli ultimi giorni d’inverno
e nell’aria andava una vecchia canzone
e la marea danzava correndo verso il mare.

A volte i viaggiatori si fermano stanchi
e riposano un poco
In compagnia di qualche straniero
Chissà dove ti addormenterai stasera
e chissà come ascolterai questa canzone.

Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna
per sentirti più vicina.

Un giorno, guidati da stelle sicure
ci ritroveremo
In qualche angolo di mondo lontano,
nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati
o sui sentieri dove corrono le fate.

E prego qualche Dio dei viaggiatori
che tu abbia due soldi in tasca
da spendere stasera
e qualcuno nel letto
per scaldare via l’inverno
e un angelo bianco
seduto vicino alla finestra.

Dedicato ad una donna viaggiatrice, come se ne incontrano ancora se si viaggia per l’Irlanda fuori stagione.
Alla viola Filippo Chieli

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Delinqueint ed M'dna 





Arivàm tèrd a la sira,
coi strumeint in dal bavòl,
a g'am al bas e la chitara e pò al viulèin.
A g'am dal màchini ch'i an fat tòti la guèra,
a gh'è quàla ed Lucio
c'la g'ha un cartoun a tàc a la purtera.
Arriviamo tardi la sera,
con gli strumenti nel baule,
abbiamo il basso, la chitarra e poi il violino.
Abbiamo delle macchine che han fatto tutte la guerra
c'è quella di Luciano
che ha un cartone attaccato alla portiera.




Eh-oh a sam la banda,
a sam gnu chè par sunèr
an's ciapa gnanc un sold
ma a gh'è da fer dal gran casein.
Eh-oh siamo la banda,
siamo venuti qui per suonare
non si prende neanche un soldo
ma c'è da fare del gran casino.




A sam la banda i sunadòr,
con du tambur e gnanc un sold
a sam gnu par fer baraca tòta sira.
A sam la banda i sunadòr,
qui dal viulèin e qui dal folk
a sam gnu par far baraca tòta sira.
A gh'è i delinquent ed Mòdna.
Siamo la banda, i suonatori,
con due tamburi e neanche un soldo
siamo venuti per fare baracca tutta sera.
Siamo la banda, i suonatori,
quelli del violino, quelli del folk
siamo venuti per fare baracca tutta sera.
Ci sono i delinquenti di Modena.




A sam visti cum di puvrèt,
a g'am dal ghègni ch'i fan spaveint
a gh'è un bancàri, a gh'è un dutòr e di sfighè.
Siamo visti come dei poveretti,
abbiamo delle facce che fanno spavento
c'è un bancario, c'è un dottore e degli sfigati.




Ma eh-oh quand a's partès
a'g vin d'la mòsa, a'g vin dal fés
e un, du ,tri, quater la gint i d'ventent mat. Ma eh-oh quando si parte
ci viene della mossa, ci viene del casino
e uno, due, tre, quattro la gente diventa matta.




A's va in gir par la muntagna
e par la basa ad oc sbaré,
al prèm c'a'l s'indurmèinta
al ciapa un scìaf a tac i dèint.
Si va in giro per la montagna
e per la bassa ad occhi sbarrati,
il primo che si addormenta
prende uno schiaffo sui denti.




Quarant'anni 





Ho quarant'anni e qualche acciacco, troppe guerre sulle spalle,
troppo schifo per poter dimenticare.
Ho vissuto il terrorismo, stragi rosse e stragi nere,
aeroplani esplosi in volo e le bombe sopra i treni.


Ho visto gladiatori sorridere in diretta,
i pestaggi dei nazisti della nuova destra.
Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazze
e anarchici distratti cadere giù dalle finestre.


E ho un armadio pieno d'oro, di tangenti e di mazzette,
di armi e munizioni, di scheletri e di schifezze.
Ho una casa piena d'odio, di correnti e di fazioni,
di politici corrotti, i miei amici son
pancioni e puttanieri, faccendieri e tragattini,
sono gobbi e son mafiosi, massoni piduisti e celerini.

Ho quarant'anni ed un passato non troppo edificante,
ho massacrato Borsellino e tutti gli altri,
Ho protetto trafficanti e figli di puttana
e ho comprato voti a colpi di lupara.


Ma ho scoperto l'altro giorno, guardandomi allo specchio,
di essre ridotta ad un straccio,
questo male irreversibile che mi ha tutta divorata
è un male da garofano e da scudo crociato.


E ho un armadio pieno d'oro, di tangenti e di mazzette,
di armi e munizioni, di scheletri e di schifezze.
Ho una casa piena d'odio, di correnti e di fazioni,
di politici corrotti, i miei amici son
pancioni e puttanieri, faccendieri e tragattini,
sono gobbi e son mafiosi, massoni piduisti e celerini.


Morte di un poeta 





Se dovessi cadere nel profondo dell'inferno, dentro un fiume nero come l'inchiostro.
Rotolare perduto fra i sacchi di immondizia, in un baratro senza ritorno.
Se dovessi sparire nei meandri della terra e non vedere più la luce del giorno,
ma è sempre e soltanto la stessa vecchia storia e nessuno lo capirà.

In un giorno di pioggia 





Is é mo laoch, mo ghile mear 
is é mo shaesar ghile mear 
nì fhuaras féin aon tsuan ar séan 
o chuaigh ì gcéin mo ghile mear 
Lui è il mio eroe, il mio amore
lui è il mio cesare, il mio amore
non ho trovato la felicità o riposo
da quando il mio amore è partito.




Addio, addio e un bicchiere elevato al cielo d'Irlanda e alle nuvole gonfie.
Un nodo alla gola ed un ultimo sguardo alla vecchia Anna Liffey e alle strade del porto.
Un sorso di birra per le verdi brughiere e un altro ai mocciosi coperti di fango,
e un brindisi anche agli gnomi e alle fate, ai folletti che corrono sulle tue strade.


Hai i fianchi robusti di una vecchia signora e i modi un pò rudi della gente di mare,
ti trascini tra fango, sudore e risate e la puzza di alcool nelle notti d'estate.
Un vecchio compagno ti segue paziente, il mare si sdraia fedele ai tuoi piedi,
ti culla leggero nelle notti d'inverno, ti riporta le voci degli amanti di ieri.


E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,
il vento dell'ovest rideva gentile
e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti
mi hai preso per mano portandomi via.

Hai occhi di giaccio ed un cuore di terra, hai il passo pesante di un vecchio ubriacone,
ti chiudi a sognare nelle notti di inverno e ti copri di rosso e fiorisci d'estate.
I tuoi esuli parlano lingue straniere, si addormentano soli sognando i tuoi cieli,
si ritrovano persi in paesi lontani a cantare una terra di profughi e santi.


E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,
il vento dell'ovest rideva gentile
e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti
mi hai preso per mano portandomi via.

E in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora
e potrò consolare i tuoi occhi bagnati.
In un giorno di pioggia saremo vicini,
balleremo leggeri sull'aria di un reel.

Ninnananna 

Camminavo vicino le rive del fiume
nella brezza fresca
degli ultimi giorni d’inverno
e nell’aria andava una vecchia canzone
e la marea danzava correndo verso il mare.

A volte i viaggiatori si fermano stanchi
e riposano un poco
In compagnia di qualche straniero
Chissà dove ti addormenterai stasera
e chissà come ascolterai questa canzone.

Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna
per sentirti più vicina.

Un giorno, guidati da stelle sicure
ci ritroveremo
In qualche angolo di mondo lontano,
nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati
o sui sentieri dove corrono le fate.

E prego qualche Dio dei viaggiatori
che tu abbia due soldi in tasca
da spendere stasera
e qualcuno nel letto
per scaldare via l’inverno
e un angelo bianco
seduto vicino alla finestra.



Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di New York il poeta è da solo e nessuno lo salverà.

Nel distretto diciannove la vita corre svelta fra i palazzi e i boulevard di Parigi.
Gli immigrati che ballano ritmi tzigani e si scolano le nere e le verdi.
Lo sdentato inseguiva le ragazze straniere coi cappelli ed i vestiti leggeri
ma è sempre e soltanto la stessa vecchia storia e nessuno lo capirà.


Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di Parigi il poeta è da solo e nessuno lo salverà.

Vecchia sporca Dublino, per un figlio che ritorna sei un amadre che attende al tramonto,
con la puzza di alcool, coi bacie le canzoni per chi è stato un prigioniero lontano.
C'è una bomba e una pistola, un inglese da accoppare e una divisa dell'esercito in verde
ma è sempre e soltanto la vecchia storia e nessuno lo capirà.


Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di Dublino il poeta è da solo e nessuno lo salverà.